Tribunale di Trento – Sentenza 15 settembre 2017, n. 901
Nel rogito gli estremi della sanatoria
Il contratto di vendita di un immobile è nullo non solo quando il bene è privo di concessione edilizia, ma anche se l’atto non riporta gli estremi di un’eventuale sanatoria rilasciata dal Comune.
Lo afferma il Tribunale di Trento nella sentenza 901 del 15 settembre. Con contratto del 2009 era stato acquistato un immobile per l’importo di 660mila euro. Le eredi, dovendo destinare il bene a bed and breakfast, avevano quindi presentato al Comune la denuncia di inizio dell’attività con la planimetria dell’immobile. L’ente locale, però, comunicava che la mansarda dell’edificio era priva del certificato di abitabilità; le proprietarie venivano inoltre a sapere che per l’immobile era stata rilasciata una concessione edilizia in sanatoria a seguito di una sopraelevazione dell’edificio. Così le attrici hanno chiesto una pronuncia di nullità del contratto di compravendita e la restituzione della somma pagata. I venditori hanno domandato il rigetto delle istanze delle attrici, sostenendo che le norme contro gli abusi edilizi non si applicano ai contratti relativi alla vendita di immobili regolarizzati con condono o concessione in sanatoria.
Nell’accogliere la domanda, il Tribunale ricorda che, in base all’articolo 40, comma 2, della legge 47/1985, gli atti tra vivi, che hanno per oggetto diritti reali relativi a edifici, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano gli estremi della concessione a edificare o della concessione in sanatoria. Anche il riferimento a precedenti condoni entra dunque nel contratto e ne condiziona la validità. E ciò è avvalorato da quanto disposto dal comma 3 dello stesso articolo 40, per il quale possono essere successivamente confermati gli atti in cui mancano dichiarazioni o documenti, purché ciò non sia dipeso, fra l’altro, «dall’inesistenza della domanda di concessione in sanatoria» al momento della stipula degli stessi atti. Da tali norme si può dunque ricavare – aggiunge il tribunale – che non è ammissibile il trasferimento di immobili privi della concessione o della licenza in sanatoria; e che, allo stesso modo, sono «sanzionati con la nullità» anche gli atti in cui non sono indicati gli estremi delle sanatorie rilasciate sugli immobili oggetto del trasferimento.
Peraltro – prosegue il tribunale -, ha «carattere formale» la nullità prevista dall’articolo 40 della legge 47/1985 per omessa indicazione degli estremi dei titoli edilizi relativi all’immobile alienato, e dunque tale invalidità ricorre in automatico, «senza che occorra interrogarsi sulla reale esistenza» della concessione o del condono. Sicché il vizio di forma può essere superato «solo nei modi tipici previsti dal legislatore», e cioè mediante la successiva conferma con «un nuovo e distinto atto con cui si provveda alla comunicazione dei dati mancanti». Nel caso in esame, il bene alienato era stato oggetto di una concessione in sanatoria, a cui i venditori non avevano fatto riferimento nel contratto. In base a tale rilievo, il tribunale ha quindi pronunciato la nullità dell’atto, con la condanna degli alienanti alla restituzione della somma ricevuta.
(Antonino Porracciolo, Il Sole24ORE – Estratto da “Norme e Tributi”, 4 gennaio 2018)